permacultura:
il vero approccio sostenibile
in agricoltura
e la giusta visione
per il cambiamento felice
a livello globale
da Permacultura per tutti di
Patrick Whitefield
La
parola permacultura è stata coniata da due australiani, Bill Mollison e David
Holmgren, con la pubblicazione "Permacultura One" del 1978.
La permacultura è nata dal concetto di agricoltura permanente, ma dato
che i principi su cui si basa possono essere applicati a qualunque attività
umana, è oggi ripensata come cultura permanente che si è sviluppata fino a
includere l’edilizia, l’urbanistica, l’approvvigionamento idrico e il
trattamento delle acque, fino ai sistemi commerciali e finanziari. La
permacultura viene definita anche come “progettazione di insediamenti umani
sostenibili”.
Molti dei principi della permacultura derivano dall’osservazione di
sistemi tradizionali di coltivazione, ma incorporano anche pratiche e tecniche
molto recenti, come per esempio elementi di orticoltura biologica (specialmente
i sistemi in cui si evitano le lavorazioni profonde del terreno), o la
tecnologia per l’utilizzo dell’energia solare.
La specificità della permacultura tuttavia esiste, ed è duplice. Prima
di tutto, introduce l’idea della progettazione come metodo per connettere fra
loro gli elementi di un sistema al fine di ottenere il massimo beneficio per
tutti. In secondo luogo, offre una
struttura concettuale in cui far rientrare una pluralità di idee verdi con una
certa coerenza.
I sistemi permaculturali possono essere progettati per soddisfare regimi dietetici vegani, vegetariani o onnivori: si tratta di scelte di carattere personale. Indubbiamente, la crudeltà che vige negli allevamenti intensivi è completamente inaccettabile, ma esistono indubbi vantaggi nel tenere animali domestici, in tutt’altra condizione, in una fattoria.
Il più evidente è il contributo dato al ciclo di fertilità del suolo,
ma ce ne sono tanti altri. Molto spesso gli animali possono sfruttare risorse
che noi non utilizziamo. Le galline riescono a trasformare (in carne e in uova)
ciò che rimane nel campo, dopo la mietitura del grano. Un altro caso molto
comune è quello di terreni troppo poveri per la coltivazione ma adatti, invece,
al pascolo.
L’allevamento rimarrà certamente uno svantaggio finché ci ostiniamo a
nutrire gli animali con cereali coltivati appositamente per l’alimentazione
animale. Consumando carne, assimiliamo solo il 10% di tutte le calorie assunte
dall’animale sotto forma di cereali.
In permacultura si riconosce l’importanza di quello che riguarda la
ricchezza che si sprigiona nei punti di incontro tra ecosistemi, ma anche tra
elementi diversi, tra culture diverse.
E’ possibile sfamare il mondo con la permacultura? L’agricoltura
industriale contemporanea non riesce a sfamare la popolazione mondiale e il suo
declino è prossimo. L’agricoltura industriale dipende completamente dai
combustibili fossili, che saranno sempre meno disponibili e sempre più costosi.
Il consumo dei combustibili fossili si accompagna a livelli di inquinamento
altrettanto insostenibili, di cui il cambiamento climatico non è che una delle
conseguenze. Quel che è peggio, è che gli attuali metodi di produzione
agricola, nel Nord industriale come nel Sud del mondo, stanno distruggendo la
fertilità dei suoli a ritmi inconcepibili.
In Europa, l’erosione del suolo è una minaccia sottile: sempre
presente, ma spesso molto graduale, addirittura impercettibile.
Gli effetti combinati dell’erosione, della desertificazione e della
salinizzazione portano a concludere che per sfamare la popolazione mondiale,
peraltro in continuo aumento, avremo a disposizione estensioni sempre minori di
terreno coltivabile. La gran parte del terreno perso si trova in quei paesi che
attualmente costituiscono i principali esportatori di cibo, come gli Stati
Uniti e l’Australia.
La permacultura potrà produrre abbastanza per tutti con la
coltivazione di più orti e meno coltivazioni estensive. Fino a pochi anni fa,
in Cina un ettaro di terra produceva nove volte le calorie prodotte da un
ettaro negli Stai Uniti. Come in altri campi, anche l’agricoltura cinese sta
rapidamente evolvendo verso un’eccessiva industrializzazione. Lo scopo è, a
detta del governo cinese, quello di combattere quelli che sono considerati i
due principali freni alla modernizzazione: la parcellizzazione e la scarsa
meccanizzazione.
Per conoscere di più
Per sapere di più
|
Nuovo libro di Bill Mollison
Nessun commento:
Posta un commento